Autore: Saverio Canepa

Alberto Dalmasso di Satispay solleva preoccupazioni sulle pratiche di investimento dei venture capital italiani

Chi è Alberto Dalmasso e Satispay

Alberto Dalmasso è il co-fondatore e CEO di Satispay, una società fintech italiana che offre un sistema di pagamento mobile. Dalmasso ha conseguito una laurea in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Torino e un Master in International Management presso l’ESCP Europe. Prima di fondare Satispay, ha lavorato per diverse aziende internazionali, tra cui Nokia e Accenture.

Satispay è stata fondata nel 2013 a Milano, Italia, e offre un sistema di pagamento mobile che consente agli utenti di effettuare transazioni tra loro in modo semplice e sicuro, senza dover utilizzare contanti o carte di credito. La società ha ottenuto un grande successo in Italia, grazie alla facilità d’uso e alla sicurezza del suo sistema di pagamento, e sta espandendo la propria attività in altri paesi europei.

Satispay ha ricevuto investimenti da importanti venture capital italiani ed europei, divenendo nel 2023 una dei pochi Unicorni Italiani

Le dichiarazioni

Alberto Dalmasso, riguardo alle sfide che le startup italiane devono affrontare quando cercano di raccogliere capitali dai venture capital. Dalmasso ha sollevato alcune preoccupazioni sulle pratiche di investimento dei venture capital italiani e sulla loro capacità di supportare le startup locali.

Secondo Dalmasso, i venture capital italiani sono spesso poco professionali e pongono condizioni troppo dure sui founder, il che può portare al fallimento delle aziende in cui investono.

“È anche un po’ pericoloso confrontarsi con i venture capital quando nel tuo paese (Italia n.d.r.) sono all’inizio, perché è una prassi che tutti i venture capital di un mercato non maturo siano tendenzialmente un po’ non professionali, spaventati e pongano condizioni troppo dure sui founder, facendo spesso fallire le aziende in cui investono”, ha affermato Dalmasso.

Inoltre, Dalmasso ha sollevato la questione dei diritti di protezione che i venture capital possono richiedere come parte del loro investimento, e che possono limitare la capacità delle startup di raccogliere capitali successivi.

“Oppure, siccome già hanno ottenuto diritti di protezione, quei diritti di essere liquidati anche con più del capitale investito con i primissimi investimenti succede che ogni volta che premi capitale prendono diritti crescenti e non c’è più spazio per nessun diritto quando devi poi andare a prendere 100, 200 o 300 milioni ulteriori”, ha spiegato Dalmasso.

Anche se queste preoccupazioni non sono esclusive per l’Italia, è importante per i venture capital sostenere le startup in modo equo ed equilibrato, creando un ambiente favorevole alla crescita e all’innovazione. Ciò può portare a benefici sia per gli investitori che per le startup stesse, consentendo loro di raggiungere il loro pieno potenziale e di contribuire alla crescita economica del paese.

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